21 Aprile 1816 – Charlotte Bronte

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Per il compleanno di questo mese di Aprile, ho riletto un romanzo che è un classico della letteratura “Jane Eyre” della scrittrice inglese Charlotte Bronte. Una lettura che si compie in modo scorrevole, nonostante le molte descrizioni che non appesantiscono in nessun modo. I personaggi sono delineati molto bene non solo nell’aspetto fisico ma anche e soprattutto dal punto di vista psicologico e caratteriale. L’autrice ha creato un personaggio, la protagonista Jane Eyre, molto all’avanguardia per l’epoca (il romanzo è uscito nel 1847 in piena era Vittoriana) delineando una tipo di donna dotato di integrità, di indipendenza, forza interiore e passionalità che avvince e che forse oggi non è molto più tanto attuale. Quante sarebbero scappate da Mr. Rochester ed avrebbero invece atteso la dipartita della di lui pazza moglie? Ma i tempi erano sicuramente diversi. Il romanzo ha uno stile autobiografico, dove la protagonista narra la sua vita in prima persona, quasi rivolgendosi direttamente al lettore. Jane Eyre è un’orfana che, dopo la morte dei genitori, viene affidata ad uno zio fratello della madre e alla di lui freddissima moglie. Il romanzo si apre che lo zio è già morto a sua volta, lasciando alla glaciale moglie l’ingrato compito di prendersi cura della nipotina, legando la snob signora con una promessa alla quale lei vorrebbe sottrarsi ma non può. La piccola Jane vive tra le angherie dei cugini, le vessazioni della zia , privata di ogni affetto, fin quando questa decide, su suggerimento di un buon medico dal cuore sensibile che ha curato la bimba in un momento difficile, di affidarla ad una scuola di carità. Una nuova esistenza, un nuovo inizio che non è il primo e nemmeno l’ultimo alla quale sarà costretta nel corso della sua vita, un’esistenza non facile nemmeno nell’istituto dove le regole sono rigide, si impara a diventare delle brave future moglie ma in condizioni di estrema povertà, in pessime condizioni tali da causare malattie come la tubercolosi della quale morirà la sua migliore amica e il un’epidemia di tifo che ucciderà molte delle bambine e ragazze ospitate. Jane Eyre si salva e consegue un diploma che le permette di insegnare nell’istituto stesso rendendola una donna libera e indipendente a tal punto da provare il desiderio di conoscere il mondo fuori dalle mura dove è sempre stata. Così, grazie ad un annuncio da lei stessa pubblicato, trova lavoro come istitutrice di una bambina che vive con un’anziana signora in una dimora signorile, Thornfield Hall. Ne è il proprietario Mr. Rochester, ritenuto il padre della bambina, che lui ha sì adottato ma non ritiene sia sua anche se ha avuto in passato una relazione con la madre, una ballerina francese deceduta che lo aveva tradito. Nella sua nuova situazione Jane si trova bene fino a quando il padrone di casa non fa ritorno: lui è un uomo imponente, sarcastico, duro che sta per impegnarsi con una donna molto bella che mira a sistemarsi bene. Il rapporto tra Mr. Rochester e Jane si evolve nel racconto diventando sempre più profondo e importante, entrambi scoprono un’intensità nei sentimenti come mai prima, in vita loro e nonostante la differenza d’età, tanto da arrivare a celebrare il proprio matrimonio ma proprio quel giorno scopriamo l’esistenza di una moglie pazza, che vive rinchiusa in un’ala del maniero e autrice di alcuni inquietanti e strani episodi avvenuti precedentemente. L’imminente matrimonio con Jane salta e lei nella notte scappa di nascosto da tutti, nonostante Mr. Rochester le avesse chiesto di restare e di condividere comunque la loro vita insieme, magari trasferendosi all’estero. La ragazza, dopo varie peripezie, sfinita dalla fame e dalle privazioni dovute alla fuga, viene soccorsa e ospitata da un ecclesiastico, St. John Rivers e dalle sue sorelle, il quale le offrirà di lavorare come maestra nella scuola del piccolo paese di campagna dove lui esercita la propria professione. Mentre con le sorelle di St. John si instaura un bellissimo rapporto, con il reverendo i rapporti sono più freddi e distaccati: lui ha un carattere dispotico ed inflessibile. Nel frattempo giunge a Jane la notizia di una ricca eredità ricevuta da un parente che scopre avere in comune con St. John e le sue sorelle, con i quali decide di dividere quanto ricevuto come unica erede. L’ecclesiastico le propone di sposarlo e di seguirlo in missione in India ma lei rifiuta perché pensa ancora a Mr. Rochester che, come in un presentimento, sente abbia aver bisogno di lei e quindi decide di tornare a Thornfiel Hall dove troverà che è tutto cambiato ma io non vi dirò altro. Questo romanzo di Charlotte Bronte ha ispirato altri romanzi tra i quali “Il caso di Jane Eyre” di Jasper Fforde che sconvolge completamente il finale scritto nell’originale; “Il gioco dell’angelo” di Carlos Ruiz Zafòn nel quale sono presenti riferimenti all’originale; “Il grande mare dei Sargassi” di Jean Rhys una specie di prequel che ha per protagonista Bertha la moglie pazza di Mr. Rochester; “La bambinaia francese” di Bianca Ptizorno che ci racconta la storia di Jane dal punto di vista di Sophie che nel romanzo della Bronte è la bambinaia della piccola Adele. Numerosissimi anche gli adattamenti cinematografici e televisivi a partire dal primo omonimo film muto del 1910 all’ultimo del 2011, tra i quali nel 1996 “Jane Eyre” per la regia di Franco Zeffirelli con Charlotte Gainsbourg e William Hurt.

Dal romanzo ho estratto questo passaggio che alcuni uomini di oggi dovrebbero, secondo me, leggere perché sono rimasti al 1800:

Le donne sentono come gli uomini e come loro hanno bisogno di esercitare le loro facoltà, hanno bisogno d’un campo per i loro sforzi. Soffrono esattamente come gli uomini d’essere costrette entro limiti angusti, di condurre un’esistenza troppo monotona e stagnante.

Charlotte Bronte nacque a Thorton in Inghilterra il 21 Aprile 1816, il padre era un pastore protestante, mentre la madre era di ricca famiglia decaduta e che la lascerà orfana a 5 anni. Nel giro di pochi anni perderà anche le due sorelle maggiori a causa della tubercolosi (anche Jane Eyre si troverà a contatto con questa malattia nella sua migliore amica). Ereditò l’amore per la letteratura dal padre ma ciò non le bastò per sopportare le privazioni alle quali venne costretta quando venne messa nella scuola per le figlie di ecclesiastici, Cowan Bridge, un’esperienza traumatica (Jane Eyre non ci finirà a caso) che terminò quando poté tornare a casa, nella brughiera, con la sorella minore Emily. Le due sorelle vissero fianco a fianco per molto tempo e insieme inventarono mondi fantastici che avevano per protagonisti anche il fratello Branwell e la sorella Anne, per la quale, a soli dieci anni, scrisse il primo racconto e poi tante altre storie e poesie. A circa vent’anni iniziò ad insegnare prima in una scuola e poi come istitutrice privata (ancora Jane Eyre?) ma lasciò tutto per trasferirsi a Bruxelles con Emily per approfondire lo studio del francese. Qui Charlotte incontrò Constantin Héger, suo professore di retorica, con il quale iniziò una intensa frequentazione privata, nonostante la differenza di età e il fatto che lui fosse sposato. Finirono per allontanarsi proprio per rispetto alla situazione famigliare di lui, lei segnata da questa esperienza, riversò tutto nel suo primo romanzo “Il professore” che cercò di pubblicare con pseudonimo di Currer Bell ma non ebbe successo, che invece arrivò con la pubblicazione di “Jane Eyre” in contemporanea con quello della sorella Emily che pubblicò “Cime tempestose” e della sorella Anne che esordì con “Agnes Grey”. Alla sua eroina, Charlotte fa rivivere moltissimi episodi della sua esistenza ma anche i suoi sogni e le sue aspettative, la sua stessa forza nel non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà. Il destino infatti toglierà all’autrice prima il fratello Branwell e poi Emily, poi la porterà a sposare il reverendo Nicholls, coadiutore del padre nella parrocchia da lui gestita, dopo aver rifiutato diverse proposte di matrimonio. Il sogno di sposarsi per amore s’infranse con il trascorrere degli anni che la portarono a dover scegliere un uomo in ogni caso affettuoso e sincero ma il Destino era ancora in agguato: la prima difficile gravidanza la portò alla morte nel 1855.

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