24 gennaio 1862 – Edith Wharton

Categorie:

Nel 1993 Martin Scorsese diresse il pluripremiato film “L’età dell’innocenza” (Oscar per i migliori costumi, Golden Globe e Premio Bafta per la migliore attrice non protagonista, numerose nomination, inserito infine dal National Board of Review of Motion Pictures fra i migliori dieci film dell’anno), tratto dall’omonimo romanzo della nostra festeggiata del mese, Edith Wharton. La visione del film è stata l’espediente che mi ha portato, successivamente, alla lettura del romanzo nel quale ho ritrovato le stesse sensazioni suscitatemi dal film (compresa l’antipatia per il protagonista Newland, a mio giudizio molliccio e pavido), che non si discosta, se non in qualche insignificante dettaglio, dall’opera della Wharton. Il romanzo, estremamente raffinato nella descrizione dei personaggi e delle ambientazioni, ci fa assaporare una possibile, tormentata storia d’amore fra il brillante avvocato Newland Archer e l’affascinante contessa Ellen Olenska. Ci racconta in realtà di una rinuncia, la totale rinuncia ad esplorare quella passione per la paura, per la supposta inopportunità a sfidare le ottuse, puritane convenzioni dell’high society newyorchese di fine Ottocento. Sbirciando nella biografia della scrittrice ho scoperto che da piccolissima contrasse una febbre tifoidea che la costrinse a letto per un po’ di tempo. Durante la convalescenza la madre, per alleviare la noia derivante dalla sua immobilità, le regalò un libro che parlava di spettri e soprannaturale. Come è facile immaginare questo testo la impressionò enormemente, tanto che in età adulta sentì l’esigenza di scrivere un libro di racconti, “Storie di fantasmi”, nel quale trova spazio il racconto “DOPO”

Mary ed Edward Boyne sono una coppia di eccentrici americani giunti in Inghilterra grazie ad un affare assai redditizio che Edward aveva realizzato qualche tempo prima nell’azienda presso la quale lavorava come ingegnere, la Blue Star Mine. Questa fortuna improvvisa regala ai due coniugi la libertà di una vita senza obblighi lavorativi, una perenne vacanza nella quale Mary avrebbe potuto dedicarsi al giardinaggio ed alla pittura, Edward alla stesura di un libro: “Fondamenti economici della cultura”. Ed ecco quindi che i Boyne si mettono alla ricerca di una casa tutt’altro che convenzionale. Requisito essenziale: la totale mancanza di agi e comodità. Viene in loro aiuto l’amica Alida che propone l’acquisto di un’antica dimora nel Dorset, a Lyng, perfettamente aderente alle richieste della coppia, ma non solo, di corredo alla proprietà si diceva fosse incluso anche uno spettro. Alida racconta di una leggenda che narrava della presenza di un fantasma nella proprietà, ma che questa entità sarebbe stata riconosciuta come tale dai proprietari solo “dopo molto, molto tempo”. I Boyne si trasferiscono quindi con entusiasmo nell’affascinante dimora ed iniziano la loro nuova vita fra passeggiate, letture, piccole questioni domestiche da risolvere. Ben presto però l’umore di Edward inizia a modificarsi. Insignificanti dettagli lo rivelano: un insolito silenzio, il fatto che l’uomo preferisca passeggiare da solo piuttosto che in compagnia della moglie, la fronte spesso corrugata ed un’espressione perplessa. Che sia l’anima della casa a fargli questo effetto? Mary asserisce infatti che questa è una casa nella quale “ci si sente”… La donna viene incidentalmente a conoscenza di un fatto oscuro legato alla precedente attività lavorativa del marito, ma Edward minimizza e cerca di tranquillizzarla. Un giorno, seguendo lo sguardo del marito, Mary intravede un uomo percorrere il vialetto di casa. Edward era subito uscito per raggiungere l’uomo e quando Mary, più tardi, gli aveva chiesto chi fosse l’inatteso ospite, Edward aveva risposto di non averlo più trovato. Qualche giorno più tardi Mary incontra nel giardino dietro casa un misterioso uomo dall’accento americano che le chiede del signor Boyne. Mary gli indica la strada di casa, informandolo che il marito in quel momento si trovava in biblioteca, probabilmente impegnato nella scrittura del suo libro. Più tardi, al suo rientro in casa, Mary viene informata dalla domestica che Edward ed il misterioso visitatore erano usciti assieme. Nessuno farà più ritorno.  Mentre Mary, disperata, non riesce a farsi una ragione della scomparsa del marito, ripensa ad Alida, di quando le aveva detto, parlando dell’identità del fantasma domestico: “lo si sa soltanto dopo, soltanto dopo molto, molto tempo”….

Edith Newbold-Jones nacque a New York il 24 gennaio 1862 in un’antica e facoltosa famiglia dell’aristocrazia. Studiò privatamente e viaggiò tutta la vita (sembra abbia attraversato l’Atlantico circa 60 volte!), aprendosi al mondo in maniera ritenuta anticonvenzionale per l’epoca. Era indubbiamente una donna libera ed emancipata, molto diversa dal modello di donna “codificato” dalla società nella quale viveva e che tanto biasimò nei suoi libri. Dai quattro ai dieci anni visse in Europa, a sedici anni, con lo pseudonimo di Davide Olivieri, pubblicò la sua prima raccolta di versi e tradusse numerose opere di autori europei, avendo padronanza di diverse lingue. Nel 1885 sposò, più per volontà della famiglia che per suo desiderio, il bostoniano Edward Wharton, con il quale condivideva la passione sfrenata per i viaggi. L’insorgere di una malattia mentale nel coniuge, oltre alla passione dello stesso per le donne e per un uso inappropriato del denaro, costrinsero Edith a chiedere il divorzio nel 1913, ma non si separò mai dal cognome di Edward. In questo periodo, durante il quale pubblicò romanzi, articoli e libri di viaggio,  intraprese una relazione con il giornalista Morton Fullerton – che alcuni ritengono l’amore della sua vita – al termine della quale si trasferì a Parigi. Nel 1916 la Repubblica Francese la fregiò della Legion d’Onore per l’impegno profuso durante la Prima Guerra Mondiale nel fondare ostelli per rifugiati e laboratori per donne disoccupate e prive di assistenza. Cinque anni più tardi si aggiudicò il Premio Pulitzer, prima donna nella storia, con il romanzo “L’età dell’innocenza” e nel 1923 la laurea ad honorem presso la Yale University. Morì nell’agosto 1937 a Saint-Brice-sous-Forêt, un Comune a nord di Parigi, nella sua casa di Pavillon Colombe.

di Silvia Corsinovi

Nessuna risposta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *