30 settembre 1924 – Truman Capote

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Da sempre il cinema trae ispirazione dalla letteratura e personalmente amo leggere libri da cui sono stati tratti film perché ritengo, magari sbagliando, che valga la pena di essere letta una trama che si adatta alla settima arte. Da questa motivazione è scaturita la lettura del mese, “Colazione da Tiffany” di Truman Capote. Ho adorato la storia che ci ha raccontato Blake Edwards nella trasposizione hollywoodiana del 1961, per la quale Audrey Hepburn – la ricordate con indosso l’iconico tubino nero di Givenchy, bocchino e guanti neri? – vinse il David di Donatello come migliore attrice straniera e l’indimenticabile “Moon River” si aggiudicò l’Oscar per la miglior canzone. Al termine della lettura del libro, pur piacevolissimo, non ho però ritrovato le stesse sensazioni provate durante la visione del film. Le differenze sono molte, a cominciare dal finale, e la Holly cartacea inizialmente non ha retto il confronto con quella del grande schermo. In effetti ho letto che quando Truman Capote cedette i diritti alla Paramount suggerì come protagonista Marilyn Monroe, ritenendo che avrebbe rispecchiato fedelmente la “sua” Holly. Fu estremamente deluso quando venne a conoscenza che la produzione aveva scelto la Hepburn e pensò addirittura di far loro causa.
Riflettendo, ho compreso però il mio “errore”: scioccamente ho cercato di cogliere nel romanzo gli stessi tratti evidenziati nella pellicola ed ho quindi messo in relazione il testo di Capote con le immagini suggerite dal film. E quindi non esisteva una Holly migliore ed una peggiore, erano semplicemente due persone diverse.

La voce narrante è un aspirante scrittore che racconta la vita della sua vicina di casa, Holly Golightly, una giovane donna misteriosa e affascinante, nella New York di metà anni ’40. La ragazza proviene dalla provincia americana ed ha modificato la sua identità nel tentativo di reinventarsi. E’decisamente una fanciulla sopra le righe: indipendente, irrequieta e costantemente alla ricerca del suo posto nel mondo, tanto che l’elegante bigliettino apposto sulla sua cassetta postale recita: “Signorina Holiday Golightly, in transito”, giusto per sottolineare l’instabilità della sua vita. Di conseguenza Holly considera – per esempio – il magnifico gatto che ospita in casa una creatura libera ed indipendente che appartiene solo a se stesso, e che per questo non ha un nome definito, ma viene appellato semplicemente “Gatto”. E come dice Holly: “….Se riuscissi a trovare un posto vero e concreto dove abitare che mi desse le medesime sensazioni di Tiffany, allora comprerei un po’ di mobili e darei un nome al gatto”. In realtà sotto la sua leggerezza si nasconde un passato complesso e doloroso. La giovane conduce uno stile di vita spensierato e mondano, perlopiù cercando di conquistare un uomo ricco per sistemarsi. La sua vita è scandita infatti da incontri con uomini facoltosi, pranzi e feste, ed ogni giovedì si reca a far visita, dietro compenso, a Sally Tomato, un boss della mafia che sta scontando una pena nella prigione di Sing Sing. Holly riferisce all’avvocato di Tomato una serie di messaggi di natura “meteorologica” esternati dal bizzarro boss, senza interrogarsi sul loro reale significato. Il narratore è attratto da Holly, ma la loro relazione resterà solo una buona amicizia, scandita da continui avvicinamenti ed allontanamenti, fino a quando Holly decide di partire per il Brasile alla ricerca di un nuovo inizio…

Truman Streckfus Persons nasce il 30 settembre 1924 a New Orleans, ed è considerato uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura americana del XX° secolo. La sua opera spazia dalla narrativa, al reportage, fino ai racconti brevi e al teatro. Capote ebbe un’infanzia difficile e tumultuosa. I suoi genitori, la diciassettenne Lillie Mae Faulk e Archulus Persons, divorziarono quando era molto giovane, e fu cresciuto prevalentemente dalla famiglia materna in Alabama. Sua madre si risposò e il giovane Truman adottò il cognome del patrigno, Joseph Capote. Questa infanzia segnata dall’instabilità familiare lo influenzò profondamente, sia nella vita personale che nella scrittura, per la quale mostrò una precoce inclinazione. Dopo essersi trasferito a New York iniziò a lavorare come impiegato per la rivista “The New Yorker”, ruolo che lo mise in contatto con l’ambiente letterario della città. Già negli anni ’40 pubblicò racconti su riviste importanti e ottenne un notevole successo con il primo romanzo “Altre voci, altre stanze” del 1948, un’opera semi-autobiografica che esplora la scoperta di sé e la sessualità, famoso anche per la foto dello stesso Capote in posa sensuale sulla copertina, che diede l’avvio alla sua immagine pubblica da provocatore. È del 1958 il romanzo “Colazione da Tiffany”, seguito da quello che è considerato il capolavoro dello stesso Capote. Si tratta di “A sangue freddo” (1966), un’opera pionieristica, ispirata all’omicidio di una famiglia del Kansas nel 1959, che ha contribuito alla nascita del genere true crime. Capote, accompagnato dalla sua amica d’infanzia e collega scrittrice Harper Lee, condusse una lunga ricerca, intervistando i colpevoli e le persone coinvolte. Il libro si rivelò un grande successo, ma la sua realizzazione segnò profondamente Capote, che fu emotivamente colpito dagli eventi che descrisse e rallentò notevolmente la sua vena creativa. Frequentava i circoli dell’alta società di New York ed era una presenza assidua a talk show televisivi e su riviste di gossip. La sua crescente dipendenza dall’alcol e dalle droghe contribuì però a un lento declino. Morì il 25 agosto 1984 a Los Angeles, a soli 59 anni per cirrosi epatica, ma resta nel cuore dei lettori per il suo stile elegante e la sua capacità di esplorare i lati più oscuri dell’umanità.

di Silvia Corsinovi

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