PREMIO NOBEL LETTERATURA: anno 1913 Rabindranath Tagore

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Nel 1913 il Nobel per la Letteratura venne assegnato a me, RABINDRANATH TAGORE,  “per la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi, che con consumata capacità riesce a rendere nella sua poeticità espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell’ovest”.                                                                                                                Rabindranath Tagore, ma sono conosciuto anche col titolo Gudurev, è il nome anglicizzato di Rabindranath Thakur. Sono nato a Calcutta il 7 Maggio 1861, sono un poeta, un drammaturgo, uno scrittore e filosofo di origine bengalese. La mia era una famiglia nobile e ricca, illustre anche per tradizioni culturali e spirituali. Mio nonno Dwarkanath, soprannominato il Principe, era un importante uomo d’affari che aveva stretti contatti con la Compagnia delle Indie: investiva in trasporti, esportazioni, assicurazioni, banche, miniere di carbone, agenzie immobiliari. Fu uno dei pochi Indiani a ricevere onori dalla Regina Vittoria. Mio padre Debendranath, soprannominato il Maharsi (il Saggio), era un filosofo indù e un riformatore religioso, cosa  che non gli impedì di mantenere i suoi affari mondiali e di amministrare le proprietà di famiglia che includevano residenze nei diversi distretti del Bengala e la tenuta vicino a Bolpur. Io ero l’ultimo di 14 figli, molti dei quali sono diventati personalità importanti in campo artistico e culturale. Ho studiato tra le mura domestiche il Bengali e l’Inglese, mio padre si assunse il compito di educarmi pertanto non seguii corsi di studio regolari. Sin dall’infanzia iniziai a leggere i poeti bengalesi, cominciando a comporre le prime poesie a 8 anni. Crescendo, la passione per la scrittura e la poesia si sviluppò in me sempre di più. La mia straordinaria creatività artistica mi indirizzò anche verso la musica, la danza e la pittura. Ho composto liriche a cui ho affiancato la musica, ho tradotto le stesse in inglese e ho dipinto quadri che sono stati apprezzati anche all’estero. La mia attività artistica e la mia visione filosofico-religiosa della vita ebbero modo di essere conosciute ed apprezzate in tutto il mondo. Nel 1874 morì mia madre e io andai a vivere con mio fratello; pubblicai le mie prime composizione poetiche o drammatiche su riviste letterarie. Una delle prime è stata “Il lamento della natura”. Nel 1877 mio padre mi inviò in Inghilterra per studiare Diritto e diventare avvocato. Fu lì che decisi di anglicizzare il mio nome. Nei tre anni vissuti in Europa approfondii ed apprezzai la cultura occidentale. Nel 1880 mio padre mi richiamò a casa e io tornai con la convinzione che gli Inglesi “sapessero ben proteggere un’India bisognosa di protezione” e decisi di dedicarmi all’amministrazione delle mie terre ed alla mia arte. Composi un dramma musicale “Il genio di Valmiki” e “Canti della sera”. Diversamente dal pensiero di Gandhi che, con la disobbedienza civili organizzò il nazionalismo indiano fino a scacciare gli Inglesi, io proposi di conciliare ed integrare in India le diverse culture anche se ero perfettamente consapevole di quanto fosse arduo realizzare questo sogno. Mi fu di sostegno l’esempio sociale di mio nonno che, nel 1928 fondò il “Sodalizio dei credenti di Dio”, integrando il monoteismo cristiano ed il politeismo induista. Per un lungo periodo viaggiai tra Oriente ed Occidente per tenere numerose conferenze e divulgare la mia filosofia. Nel 1883 sposai Mrinalini Devi, aveva solo 10 anni ed era stata scelta dalla mia famiglia, con lei mi  stabilii a Ghazipur e ho avuto 5 figli. Nel 1890, in occasione del mio secondo viaggio in Inghilterra, ebbi modo di visitare anche l’Italia e la Francia. Al mio ritorno a casa pubblicai molte opere nuove, tra le quali “Il diario di un viaggiatore in Europa” e i drammi “Fiume” e “Maledizione dell’addio”. Mi impegnai attivamente nel movimento nazionale e diventai Presidente della Conferenza Provinciale del Bengala. Dal 1897 al 1899 pubblicai 5 nuove raccolte di poesie. In seguito decisi di ritirarmi dalla vita pubblica di Calcutta e di trasferirmi a Santiniketan, di proprietà di mio padre e luogo di ritiro spirituale. Fondai una scuola dai principi pedagogici ispirati ad antichi ideali indiani, nella quale gli alunni vivevano liberamente, a stretto contatto con la natura: le lezioni consistevano in conversazioni all’aperto, secondo l’uso dell’India antica. La scuola, dove io stesso tenevo conferenze di natura filosofica e religiosa, si fondava sugli antichi ideali dello Ashram (Santuario della Foresta) affinché, come affermavo nelle lezioni: “gli uomini possono riunirsi per il supremo fine della vita, nella pace della natura, dove la vita non sia solo meditativa ma anche attiva”. Nel 1902 morì la mia cara moglie, primo grave lutto familiare, nel 1904 mia figlia e nel 1907 il mio figlio più giovane. Affranto dal dolore, scrissi canzoni che riflettevano il mio stato d’animo. Dal 1907 al 1910 composi le 157 poesie che vennero pubblicate nella raccolta “Gitanjali”. Nel 1913 fui il primo poeta non occidentale a ricevere il Nobel, decisamente un grande onore.  Nel 1914 pubblicai le 47 liriche di “Balaka”. L’infuriare della I° guerra mondiale mi scosse molto. Nel 1919, a seguito del massacro di Jalianwalla Bagh, le truppe inglesi spararono nel Punjab su una folla di manifestanti, scrissi una sdegno al Viceré dell’India e restituii l’onorificenza di Cavaliere della corona inglese ricevuta 4 anni prima dal re Giorgio V.  Nel 1921 realizzai il progetto di trasformare la mia scuola in una Università internazionale alla quale devolsi i proventi del Nobel e i diritti d’autore. Dal 1928 fino alla mia morte avvenuta il 7 Agosto 1941 creai circa 2400 opere tra disegni e dipinti. Il pensiero teologico che stava alla base di tutta la mia produzione artistico-religiosa venne espresso soprattutto nell’opera “Sadhana”  nella quale sono raccolte una serie di conferenze tenute nella mia scuola. Nelle mie liriche, come nella vita del resto, esprimo la mia passione, anche erotica, la mia convinta ricerca dell’armonia e della bellezza nonostante ogni difficoltà, compreso il dolore per i gravi lutti sofferti. Lo sapete che il testo e la musica dell’inno nazionale indiano sono miei, il testo è la prima delle cinque strofe di un poema che ho scritto in lingua bengalese ed è stato adottato dopo essere stato tradotto in Indi dall’Assemblea costituente indiana il 24 Gennaio 1950; invece i primi 10 versi della mia canzone “Amar shonar Bangla” sono stati scelti come inno nazionale del Bangladesh nel 1972. A voi dedico questa mia poesia.

Io desidero te, soltanto te

Io desidero te, soltanto te
il mio cuore lo ripeta senza fine.
Sono falsi e vuoti i desideri
che continuamente mi distolgono da te.
Come la notte nell’oscurità
cela il desiderio della luce,
così nella profondità
dalla mia incoscienza risuona questo grido:
”io desidero te, soltanto te”.

Come la tempesta cerca fine
nella pace, anche se lotta
contro la pace con tutta la sua furia,
così la mia ribellione
lotta contro il tuo amore eppura grida:
”io desidero te, soltanto te”.

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